Grand Tour | L’arrivo di Dumas
È una settimana che tiene la frenesia, non lo teniamo più. E sì che non è la prima volta che riceve amici da Parigi per fargli girar Roma. Per di più, siamo in Settimana Santa e Madame Charlotte, in quanto a penitenze e pulizie, non si è mai fatta parlar dietro. Tutto il palazzo viene tirato a lucido, strigliati i cavalli, inamidati le marsine dei lacchè e i merletti delle tovaglie buone. Da Ariccia il Conte sì è fatto scendere ogni sorta di bendidio, tra ortaggi, salumi, dolciumi e vino novello, così che ora la dispensa esplode, le cantine traboccano e la cuoca non tiene un momento per recitare un glorialpadre. Ma tant’è.
Questo pomeriggio monsieur Dumas è atteso con il treno delle cinque e mezzo da Firenze e il conte Gegè pazzierà finché non lo saprà alloggiato con ogni comodo all’hotel d’Allemagne.
Ci rechiamo a Termini in carrozza: neanche il tempo di frenare i cavalli che il conte è già sulla banchina, avvolto da una nuvola di fumo. Ne riesce con Dumas al fianco, zitto zitto, ma co ‘na faccia che pareva avesse veduto ‘a Maronna ‘e Grazie. O Maestro, fresco come ‘na rosa ‘e maggio, ci presenta i suoi compari, due strambi pittori, e il suo bagaglio. E io soprattutto con quest’ultimo feci subito intima conoscenza.
Monsieur Dumas, con tutto il rispetto parlando, teneva ‘na valigia piombata, ché a quanto pare o Maestro nei viaggi, più che le braghe, indossava libri. Già nella traversata verso via Condotti Gegè ci squaderna tutto il programma dei festeggiamenti¸ che più che Pasqua, pareva tornato o Carnevale. Gli ospiti si limitavano a fare su e giù con la testa, ma già si pregustavano la cenetta in albergo, leccandosi i baffi.
La gioia di questi giorni tanto attesi è guastata da un solo fatto, anzi da due: ‘nu temp infame e la corvée del Conte a Castro Pretorio. Eh si, fu ‘nu pesce ‘e aprile salat assai! Il Conte, dal Giovedì Santo, è stato chiamato a prestare il suo servizio nel regio esercito, presso la Caserma Macao, come tutti i gentiluomini onesti servitori del Regno d’Italia. Sicché si poteva dedicare al suo Dumas e compagnia bella solo nel pomeriggio, quando arrivava già stracco per la levataccia e le marce mattutine.
Ciononostante, il Conte lo ha accompagnato stoicamente, come suo consueto, a visitare le sue mete preferite. Dapprima Gegè mirava allo stupore: dalle strette viuzze di Monti, voilà o Colosseo e la sua maestà d’archi. Quindi la promenade seguitava ai Fori e al Palazzo dei Cesari.



Per l’occasione stavolta aveva combinato una visita con il Sovrintendente agli scavi, l’arch. Pietro Rosa, incaricato dal soldo francese di riportare finalmente in luce le vestigia di Roma. Costui è in grande familiarità con il conte, il quale, non di rado, si ferma davanti a quelle anticaje sottratte per secoli alla vista da strati e strati di terre, mentre gloriosamente ne sortiscono, immobile e quasi ipnotizzato dal ritmo dei picconi e dal viavai dei carri trainati dai muli.
È ‘na cosa grande, che non si può immaginare: o colle Palatino pareva un millefoglie!
Venite ad approfondire l’evoluzione di Roma attraverso le foto del conte Primoli, e non solo, visitando la mostra Roma. Nascita di una capitale 1870-1915 ospitata dal Museo di Roma fino al 26 settembre 2021.