Cronache mondane | Salotti letterari


Maronna ‘e grazie, so’ stracco acciso a furia di balli, ché ormai sono giorni che il Conte non nzerra l’uocchie e io con lui. Ci vorrebbe proprio ‘na bella tazzulella ‘e café!

Mi direte: guaglio’, arippuosate de juorno! Eh, pare facile! Il conte si alza che già tiene la frenesia: “Ciro, réveille-toi! Allez!” E quando vuole la carrozza pronta? Primm’ ‘e mo. Tutto il giorno in giro: la mattina a passeggio o per affari, il pomeriggio per i salotti letterari delle nobildonne romane. Oramai sia l’aristocrazia “nera”, che teneva il lutto per il papa spodestato, sia quella “bianca”, più aperta al nuovo corso degli eventi e all’avvento di casa Savoia, hanno riaperto i portoni dei loro palazzi e si contendono la clientela. Gegè, che tiene il genio diplomatico, passa con nonchalance da un salotto all’altro, a far conversazione e ad ammirare le belle dame – “bianche” o “nere”, poco importa, che l’Italia è fatta e mo’ tocca fare gl’Italiani. Oppure, se avverte la sete di colloqui più elevati, Vossignoria si reca al caffè, a ragionare d’arte e di poesia con i suoi amici artisti e letterati.

Caffe Aragno
Caffe Aragno

Quest’oggi neppure gli operai al lavoro sul via del Corso, intenti a batter sampietrini davanti al Caffè Aragno, hanno dissuaso il Conte dal farvi sosta, che la cavalla non sapeva dove posare gli zoccoli e mi è toccato farlo proseguire a piedi, girare la carrozza con grandissimo incomodo e aspettare ai Santi Apostoli che prendesse congedo da quella compagnia d’ingegni radunata nella terza saletta del caffè: Matilde Serao, Aristide Sertorio, Gabriele D’Annunzio ed Eleonora Duse. A volte, se ha conoscenti in visita, Gegè non si ritira manco per pranzo e ci fermiamo a mangiare un boccone da Spillmann, a via Condotti, dove non tengono la puzza sotto al naso e i viaggiatori e gli stranieri sono i benvenuti.

Le giornate scorrono così. Come è solito ripetermi Vossignorìa, quando è di umore grigio: “Mon chèr, la mia giornata non è piena, ma occupata. Facciamo sempre qualcosa e non abbiamo mai fatto niente”. Il conte a volte vorrebbe vivere più ritirato, riflettere di più, dedicarsi ai suoi studi e ai suoi romanzi. Ma non ce sta niente ‘a fa’, alla fine non se ne perde una. Anche perché, su suggerimento di monsieur Dumas (ve lo ricordate, vero?), oltre a scattare foto, ha ora deciso di dedicarsi alle cronache mondane. Questo tipo di racconto gli è infatti congeniale, poiché non vi è confidenza che non accolga il suo orecchio gentile, né sguardo che sfugga al suo occhio sornione.

Per non essere da meno delle nobildonne romane, che tenevano tempo da vendere e un’agenda settimanale che faceva invidia al Papa, il conte in persona ha aperto un salotto in casa sua, per far conoscere e conversare tra loro amici, conoscenti e intellettuali di stanza a Roma o solo di passaggio. Così prende due piccioni con una fava: rallegrare Mamàn di bella gente e farsi raccontare tutte ‘e cose. Tra gli ospiti fissi del salotto vi è quel D’Annunzio di cui dicemmo, un giovanotto elegante che s’intende di poesia, ma che non disdegna la cronaca, firmandosi con il buffo nomigliolo di Conte minimo.

Gabriele D’Annunzio al colonnato di San Pietro
Gabriele D’Annunzio al colonnato di San Pietro

Costui si sciala sui sofà di palazzo Primoli, eleggendoli i migliori della Città Eterna: “La cortesia dei padroni di casa è così squisita e costante e instancabile, e tutto l’appartamento è di una così elegante comodità, e il buffet è così fino e così lauto e così dottamente parigino, che gl’invitati possono in verità passare tre o quattro ore deliziosissime in una varietà di sensazioni straordinarie”. Tra queste sensazioni incredibili però ci sta pure lo sfastidiamento per gli agguati fotografici che riserva casa Primoli. Tutto a un tratto, quando meno te lo aspetti: “click”, a tradimento. E Gegè può aggiungere alla collezione un’altra foto rubata ai suoi ospiti. Ch’aggia a dì: diritto di cronaca! Adesso vi è un altro passatempo di gran moda, che è già in voga pure in casa Primoli: quella dei tableaux vivants. I Signori e le Dame si divertono a travestirsi imitando un modello d’arte e poi, con l’immancabile click, la mirabile composizione viene fissata sulla lastra di vetro per sempre. E vengono pure indetti concorsi fotografici con lauti premi per chi riuscirà a proporre il tableau più suggestivo. Per una migliore riuscita di tutta ‘sta celebrazione, il conte ha stretto un sodalizio artistico con questo giovane pittore, Aristide Sertorio, e proprio l’altro pomeriggio si sono travestiti tutti: tra le dame, risaltava per eleganza madame Hardouin, moglie di D’Annunzio, acconciata come una Vergine Saggia, che pareva una bambolina di porcellana come quelle di Mamàn.

Madame Hardouin, moglie di D’Annunzio, acconciata come una Vergine Saggia
Madame Hardouin, moglie di D’Annunzio, acconciata come una Vergine Saggia

Per contraltare profano, Sertorio stesso si è fatto poi ritrarre in veste da Bacco con tanto di capo cinto da un serto di pampini, anfora in spalla e coppa alla mano, alleggerita poc’anzi del suo prezioso contenuto a larghi sorsi da lui medesimo. 

Aristide Sertorio in veste di Bacco a Palazzo Primoli

Il conte, insomma, ormai ci ha preso gusto e un giorno in confidenza mi ha detto: “Quello che più mi diverte di queste futili e faticose celebrazioni è il reportage che faccio la sera con un mio amico giornalista del Fanfulla. Gli do gli appunti in francese e lui li traduce in italiano. Qualcuno sospetta già qualcosa sull’origine di questi articoli, ma io nego più che posso”. Del resto, mica vero che Gegè ci dice proprio tutto tutto…e pure a me, come dicono Lorsignori, noblesse oblige, mi tocca raccontarvi dei caffè, dei salotti letterari e tacer d’altro… di molto altro che giunge per varie vie al mio orecchio e lì vi muore.


Come il nostro Gegè, anche noi abbiamo preso gusto alle cronache e avremmo ancora molte cose da raccontare, ma è giunto il momento di salutarci! Preferiamo lasciare la loro scoperta alla vostra curiosità, invitandovi a ripercorrere le sue storie tra i luoghi di Roma che egli amò e catturò con la sua macchina fotografica. E se proprio, come direbbe Ciro, vi acchiappa la frenesia, potete ritrovare molte di queste avventure e altre ancora all’interno delle memorie del Conte, recentemente pubblicate dalla Fondazione Primoli, a cui ci siamo ispirate per scrivere il diario di Ciro.

Per chi volesse approfondire la figura del Conte Primoli e della sua famiglia, è quasi d’obbligo una visita al Museo Napoleonico, ospitato all’interno di palazzo Primoli: il suo nucleo principale nasce infatti dalla donazione del Conte al Governatorato di Roma. All’interno del palazzo è presente anche la Fondazione Primoli, che custodisce le fotografie, la biblioteca, gli scritti e gli oggetti ad esso appartenuti. Le sale della Fondazione, solitamente chiuse al pubblico, sono visitabili in occasioni di speciali eventi, come concerti e conferenze o per gli studiosi che accedono alla biblioteca.

Domani domenica 26 settembre termina la mostra Roma. Nascita di una capitale 1870-1915 ospitata dal Museo di Roma. Vi rimane pochissimo tempo per approfondire l’evoluzione di Roma attraverso le foto del conte Primoli, e non solo. Affrettatevi!